sabato 2 maggio 2020

STEP #12 - Parte III - Il torcitoio idraulico

Come abbiamo già accennato nel post precedente,  a Bologna nel XII sec. sfruttarono la presenza di innumerevoli canali (detti "baratroni" o "balatroni") per applicare la ruota idraulica  ai torcitoi circolari in modo da sostituire la forza umana con l'energia idrica.

Il torcitoio idraulico

I mulini da seta
I mulini erano in legno, di forma cilindrica, alti 16 m e con delle piccole ruote idrauliche. Ai mulini da seta non serviva tanta acqua per far girare la ruota e per questo l'acqua veniva mandata dai canali ai mulini grazie alle chiaviche. Le chiaviche erano piccoli tubi che portavano via acqua ai canali per portarla esclusivamente ai mulini da seta. L'acqua ai mulini da seta veniva dall'alto al contrario di quelli da grano nei quali veniva dal basso. Il meccanismo che azionava i mulini iniziava dalla ruota che gira in senso antiorario che faceva muovere l'albero centrale che arrotolava contemporaneamente una grande quantità di fili in aspi e rocchetti. Quindi dalla ruota il moto di trasmette per il tramite di due ruote dentale al piano dei torcitoi. La torcitura può essere variata cambiando i rapporti della trasmissione tra ghirlanda e ruote a bolzoni.
Il processo produttivo era interamente meccanizzato, gli operai si limitavano ad alimentare le macchine, annodare i fili quando si rompevano, togliere le matasse già ritorte dall'aspo e riporle in apposite ceste. 

Ritroviamo una descrizione sulla struttura e sul funzionamento del torcitoio da seta con propulsione idraulica in un capitolo del "Novo teatro di machine et edificii " di Vittorio Zonca (1607), in cui compaiono anche due xilografie.

Xilografia di Zonca

Illustrazione di mulino idraulico

Nel 500 a Bologna per velocizzare la produzione fu poi introdotto l'incannatoio meccanico azionato dagli organi di trasmissione del filatoio. Alla fine del 600 a Bologna si contavano 119 mulini, mossi da 353 ruote idrauliche, alimentate dall'acqua che raggiungeva le cantine di interi isolati.

I mulini da seta alla bolognese con ruota idraulica e incannatoio meccanico, che gli storici hanno definito “primo modello di fabbrica industriale", risultavano particolarmente efficienti in quanto aumentavano i ritmi produttivi e garantivano filati di migliore qualità.
La velocità costante della ruota idraulica, assicurata da un regolare flusso d'acqua, permetteva di ottenere dei filati uniformemente ritorti e più resistenti.
La tecnologia del mulino da seta fu custodita a Bologna come il più geloso dei segreti poiché si temeva che la sua diffusione in altre città avrebbe alimentato una pericolosa concorrenza.
Tuttavia malgrado le gravi pene previste per chi violava il segreto già alla fine del 500 il sistema del filatoio alla bolognese venne esportato a Reggio Emilia ed a Venezia.
Verso la seconda metà del 600, i mulini da seta cominciarono a diffondersi nell'area lombarda e piemontese.
All'inizio del 700 una spia industriale inglese, John Lombe, portò in Inghilterra il segreto del mulino e grazie all'aiuto di operai specializzati di origine italiana costruì un grande mulino da seta vicino a Derby.

Bibliografia e fonti:
“Storia delle macchine – Tre millenni di cultura tecnologica” di Vittorio Marchis – Edizioni Laterza


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