venerdì 29 maggio 2020

STEP #19 - Il momento torcente

Nella fisica meccanica il momento torcente o momento della forza (in inglese twisting moment) è una grandezza vettoriale inerente alla Dinamica rotazionale. Il momento torcente, rispetto ad un polo fissato, è definito dal prodotto vettoriale tra il braccio e la forza. 
Schema grandezze in gioco
Formula vettoriale

Facendo riferimento alla figura, chiamiamo polo (o fulcro) il punto O, mentre definiamo P il punto di applicazione della forza. Indichiamo con r il segmento OP. Per definizione il braccio è la distanza tra il polo e la retta di applicazione della forza. Il braccio coincide con r quando la forza applicata è ortogonalmente come in figura. Per determinare l'orientamento del vettore momento angolare nello spazio, si usa la regola della mano destra; nel caso rappresentato in figura risulta che il vettore è orientato verso l'alto lungo l'asse di rotazione, perciò causa una rotazione in senso antiorario. nel caso in cui la forza fosse diretta come in figura ma con verso opposto il vettore del momento angolare sarebbe orientato verso il basso e la rotazione avverrebbe in senso orario. 
In concreto immaginiamo che il momento torcente sia una grandezza fisica che misura l'effetto di una forza applicata su un corpo che ruota sul suo asse di rotazione (diretto lungo T in figura); l'unità di misura utilizzata è [Nm].

Animazione tridimensionale:


Bibliografia e fonti:
Fisica meccanica e termodinamica - C. Mencuccini, V. Silvestrini - Casa editrice Ambrosiana
immagine: wikipedia.org/wiki/Momento_torcente

STEP #18 - Il recupero di un torcitoio

Abbadia Lariana (LC) finanziato il recupero del torcitoio del Museo setificio.
LeccoNotizie.com - 18/07/2016

"Buone notizie per il Civico museo setificio Monti di Abbadia Lariana. Il progetto di manutenzione e recupero “Il torcitoio circolare gioiello dell’artigianato lombardo”, presentato al bando unico “Cultura 2016” della Regione Lombardia, ha ottenuto un finanziamento di 11.000 euro. Il torcitoio necessita in effetti di una manutenzione eseguita da mani esperte, affinché non vada perso un prezioso esempio di archeologia industriale che risale ai primi anni del 1800."

Civico Museo Setificio Monti

sabato 23 maggio 2020

STEP #17 - Abecedario del "Torcere"

A ⇒ arcolaio                                 
B ⇒ bobina
⇒ conocchia
E  elica 
F ⇒ filo
G  girare
H ⇒ Hargraeves
I ⇒  incannatura
J ⇒ jenny
 Kay
 Lachesi
M⇒ matassa  
N ⇒ navetta
O ⇒ ordito
⇒ pettinatura
Q ⇒ qualità
R ⇒ rocchetto   
S ⇒ spola
T ⇒ torcitoio
U ⇒ uragano
V  volgere
W⇒ Watt
Z ⇒ Zephir

STEP #16 - James Hargreaves

Ricordiamo James Hargreaves, l’inventore della Spinning Jenny, uno dei dispositivi più importanti che ha portato il progresso nella produzione di tessuti durante la rivoluzione industriale.
James Hargreaves

Questo grande uomo nacque vicino a Blackburn nel 1720. Falegname e tessitore di professione, non ricevette mai alcuna istruzione formale ed era il tipo di inventore che non sapeva leggere o scrivere. Ma questa debolezza non ha mai oscurato il suo interesse per l'ingegneria.
Visse presso Blackburn, all'epoca una città con una popolazione di circa 5000 abitanti, conosciuta per la produzione dei cosiddetti "Blackburn greys", vestiti in lino e cotone, che venivano colorati a Londra.
In quel periodo la domanda di filati di cotone aveva superato l'offerta ed il tradizionale arcolaio non riusciva a tenere il passo.

Un giorno del 1760, sua figlia Jenny, che lavorava come filatrice (spinner in inglese) inavvertitamente urtò il filatoio. Il fuso ruotò incessantemente e questo gli diede l'idea che una linea di fusi potesse essere lavorata da una sola ruota.
Da questa osservazione accidentale, nell’arco di 4 anni ha costruito la Spinning Jenny (giannetta), il primo filatoio meccanico a 8 fusi a lavoro intermittente.

Pare che il nome Jenny sia stato coniato proprio dal nome di sua figlia che era stata in parte responsabile per l'idea di filatura meccanizzata. Altre versioni ritengono che in realtà, il nome “jenny” derivi dal termine usato nel nord dell'Inghilterra per “engine” (macchina).

Mantenne il segreto sulla nuova macchina, perché inizialmente era solo ad uso familiare; successivamente fu costretto per bisogno a venderne qualche modello.
Essendo aumentata notevolmente la produzione dei filati, destò allarme fra i vecchi artigiani che nel 1768 gli invasero la casa.

Deluso da questo atto compiuto dai filatori, James Hargreaves si trasferì poi a Nottingham dove fondò una piccola filatura insieme a Thomas James, il suo partner. Mentre era impegnato a lavorare lì, molti altri hanno apportato molti miglioramenti alla jenny. I fusi arrivarono a ottanta da soli otto. 

D'altra parte, la Spinning Jenny, creata da Hargreaves ricevette anche alcune critiche poichè il filo che produceva era ritenuto debole e poco resistente.

Hargreaves non era istruito, pertanto non fece subito domanda per un brevetto e ciò ha fatto sì che molte persone copiarono la sua idea senza che Hargreaves potesse trarne guadagno.
Chiese il brevetto della jenny solo nel 1770, ma il tribunale respinse la sua domanda poiché ne aveva già costruiti e venduti molti esemplari prima di presentare la richiesta di registrazione.
Nel 1769, Richard Arkwright brevettò il suo filatoio ad acqua. Nel 1777, il filatoio idraulico aveva completamente sostituito la jenny e divenne la filatura più popolare della Gran Bretagna.

Nonostante la sua importante invenzione, Hargreaves morì povero nel 1778.


Bibliografia e fonti:

STEP #15 - La torcitura nel XX secolo

Durante il XX secolo il progresso tecnico comportò principalmente l'aumento della velocità delle macchine e la contemporanea riduzione dei difetti di lavorazione. Nella filatura, rimasta pressoché inalterata nella prima metà del XX secolo, si susseguirono il perfezionamento della filatura ad anello (o filatura ring), l'introduzione del più rapido sistema open-end, che riduceva le fasi che precedevano la filatura vera e propria e il filatoio ad autotorcitura. L'avvento dell'organizzazione industriale del settore tessile portava intanto i problemi concernenti le condizioni e i turni di lavoro, oltre che la questione del lavoro minorile.

Filatoio ad anello
Il filatoio ad anello, detto anche ring, è il filatoio continuo più diffuso in quanto compie contemporaneamente le azioni di stiro, torsione e incannatura del filato ad alta velocità.
Nel filatoio ad anello i fusi, su cui sono infilati tubetti di cartone o di legno, ruotano con grande rapidità. Ciascun fuso è circondato da una ghiera (anello) nella quale è inserito un anellino che può scorrere su di essa. Gli anelli sono portati da una traversa animata di moto di andata e ritorno verticale. Lo stoppino proveniente dal rocchetto, uscendo dal dispositivo di stiro già affinato, passa nel guidafili, nell’anello contenitore e nell’anellino, dopodiché viene attaccato al tubetto; la rotazione del fuso tende il filo che fa scorrere l’anellino, ma questo, per la resistenza dell’aria e d’attrito, si muove con ritardo rispetto al fuso stesso, provocando l’avvolgimento del filo e la necessaria torsione.

Nella lavorazione del cotone ad esempio, il filato viene contorto e assottigliato continuamente fino a quando i filamenti sono fibre di cotone molto sottili. Questo processo di torsione permette di ottenere un filato molto più forte. I principali vantaggi dell'utilizzo di questo tipo di cotone sono la forza e la morbidezza. Questo tipo di tessuto di cotone è in genere utilizzato per fare t-shirt. 

Sistema open end
Questo filatoio è da due a tre volte più veloce dei filatoi ad anello ed è un moderno sistema di filatura dell’industria tessile: le fibre, prelevate dal nastro d’alimentazione da un cilindro pettinatore, sono inviate mediante una corrente d’aria in un rotore a gola orizzontale, dove si forma il filato primitivo; questo viene estratto dal centro di rotazione del rotore da un gruppo di cilindri, ricevendo lo stiro e la torsione necessari per ottenere il filato definitivo. 
Nel filatoio open-end, impiegato per cotone e fibre corte, viene interrotta la continuità dello stoppino prima di convertirlo in filato, separando le fibre tra loro in modo da poter impartire torsione reale alle fibre che avanzano dopo la separazione, senza influenza da parte di quelle precedenti, con un rotore di piccole dimensioni rotante quindi ad altissima velocità. 

Filatoio ad autotorsione
Nel filatoio ad autotorsione, utilizzato per la lana e le fibre a taglio laniero, il filato prodotto è a due capi, ciascuno alternativamente con torsione S e Z, i quali accostati si storcono avvolgendosi l’un l’altro, formando così un filato autoritorto a due capi notevolmente compatto. Tale sistema aumenta la velocità di formazione del filo e nel contempo elimina la successiva operazione di accoppiamento che precede la tessitura.


sabato 9 maggio 2020

STEP #14 - La torcitura nel XIX secolo

Lo sviluppo tecnologico avvenuto nel XVIII secolo nel settore della produzione tessile sposta la produzione dalle abitazioni alle fabbriche. Le nuove tecniche di filatura e tessitura rimpiazzarono, malgrado iniziali resistenze, il lavoro a domicilio basato su tecniche manuali e portarono alla costruzione di fabbriche nelle quali i nuovi macchinari venivano messi in funzione e verso le quali converge la forza lavoro. Nasce così il capitalismo industriale.
Nel corso del XIX secolo il sistema di fabbrica nato in Inghilterra con la rivoluzione industriale progressivamente si espande in Europa, proseguendo lo sviluppo in ambito tessile e con esso anche l’organizzazione del lavoro. La rivoluzione industriale comportò un generale stravolgimento delle strutture economiche e sociali dell’epoca. Per quanto riguarda la società, la dislocazione delle fabbriche nelle città favorì una crescita tumultuosa della popolazione urbana.

Lavoro minorile in fabbrica
Nel 1800 le macchine Jenny contengono fino a 120 fusi e nel 1812  il filatoio meccanico ha una produttività di 200 volte quella di un filatore manuale.
In quell'anno sono in funzione in Inghilterra solo 2400 telai meccanici infatti nel 1820, dopo alcuni dubbi sulla convenienza della sua introduzione, si diffonde il telaio meccanico e nel 1830 crollano definitivamente le resistenze dei tessitori manuali di fronte al telaio meccanico.
In poco tempo vennero costruiti interi quartieri per i lavoratori che vivevano in condizioni drammatiche. Inoltre anche la condizione dei lavoratori nelle fabbriche era drammatica: gli operai lavoravano anche 16-18 ore al giorno in ambienti malsani, privi di qualsiasi tutela.

In Italia all’inizio del XIX secolo giunsero importanti innovazioni come una macchina per la trattura della seta (Ambrose Bruvin e John Heatheoat) che grazie ad un meccanismo da installare sui fornelletti già esistenti permetteva alle filatrici di attrarre a sé l’aspo per annodare i fili.
Gli impianti esistenti, costruiti in legno che ormai si era usurato, a partire dal 1845 vengono sostituiti da filatoi in ferro, come quelli progettati e costruiti dai fratelli Bormida. Gradualmente i vecchi torcitoi in legno vengono soppiantati e alcuni filatoi vengono ricostruiti per ospitare le nuove macchine. (Libro pag 228)
A metà secolo l’intervento dell’uomo nelle fasi produttive si limitava ormai al controllo delle macchine e alla risoluzione dei problemi, quali ad es. la rottura del filo, mentre la forza motrice per muovere i telai veniva generata dai motori a vapore.

Bibliografia e fonti:

STEP #13 - La torcitura nel XVIII secolo

Il XVIII secolo ha rappresentato un periodo storico fondamentale per il mondo tecnologico e produttivo, grazie all'avvento della Prima Rivoluzione industriale, che ebbe origine in Inghilterra nel 1760, e che riguardò fino al 1830 il settore tessile in particolare.
Nell'ambito della produzione tessile, le innovazioni introdotte furono molteplici e sempre volte a rendere meno artigianale e più industriale l’intero processo produttivo.
Ripercorriamo le principali invenzioni che furono introdotte nel settore tessile.

Anno 1730 
Spola volante

La produttività del telaio manuale raddoppia grazie all'introduzione della “spola volante” di John Kay, brevettata 3 anni dopo l’invenzione. Consiste in una navetta, ovvero un piccolo attrezzo in legno di forma affusolata, che contiene una spoletta dove è avvolto il filato. Essa viene inserita sul telaio e veniva fatta scorrere da un lato all'altro dell'ordito da un apposito congegno posizionato sul portapettine. Scorrendo velocemente attraverso il varco aperto tra la serie dei fili di ordito pari e quelli dispari scivola sulla serie inferiore, srotolando il filato della trama collocandosi sull'altro lato del telaio nell'apposito alloggiamento da dove verrà spinta alla battuta successiva. Prima della sua invenzione il tessitore doveva svolgere questo procedimento completamente a mano.

Anno 1764
James Hargreaves Introduce il primo prototipo di Jenny a 8 fusi, un particolare telaio che fu introdotto nell'industria tessile e permise di ridurre fortemente la manodopera necessaria per la produzione di filati poiché era in grado di fornire ad un solo operaio la capacità di gestire otto fusi contemporaneamente.
L'introduzione di tale dispositivo fu la prima grande innovazione tecnica nel settore tessile e quella che aprì le porte alla rivoluzione industriale, divenendo così un simbolo dell'epoca. 
L'idea di base prevedeva una struttura metallica con otto fusi in legno ad una estremità. Un insieme di otto stoppini era attaccato ad un'asta sul telaio. I fasci di fibre, una volta tesi, passavano attraverso due barre orizzontali di legno che potevano essere incrociate. Queste barre potevano essere spostate dall'operatore, con la mano sinistra, lungo la parte superiore del telaio in modo da estendere il filo e ottenere lo spessore desiderato. L'operatore usava la mano destra per girare rapidamente una ruota che innescava la rotazione di tutti i fusi e di conseguenza torceva il filo.
Comunemente si ritiene che il nome sia un omaggio di Hargreaves alla figlia Jenny. In realtà, jenny era il termine usato nel nord dell'Inghilterra per engine ('macchina'). Nel 1770 James Hargreaves brevetta la Jenny a 16 fusi e, in seguito, nel 1784 si diffonde la Jenny 24 fusi.
Spinning Jenny
Anno 1779
Samuel Crompton unifica i principi della Jenny e del filatoio idraulico in un filatoio intermittente, detto mule Jenny.
La mule Jenny riproduce meccanicamente le azioni della filatura a mano ma su un numero multiplo di fusi, azionabili da una sola persona: di qui la produzione di grandi quantità di filato di alta qualità ad un prezzo enormemente minore. Non potendosi permettere il brevetto, tuttavia, Crompton dovrà assistere impotente alla diffusione della propria invenzione senza nemmeno riuscire a trarne un successo personale d’imprenditore.

Il 1785 fu un anno di svolta, poiché venne introdotta nelle fabbriche tessili la macchina a vapore di Matthew Boulton e James Watt. Il vapore si sostituiva all’acqua come forza motrice, consentendo di impiantare la produzione tessile anche laddove non vi erano corsi d’acqua nelle vicinanze

Anno 1787
Edmund Cartwright inventa il primo telaio meccanico, anche se ancora imperfetto, azionato dal motore a vapore. La macchina lavora intrecciando due fili perpendicolari: quello longitudinale è detto ordito, mentre quello trasversale è chiamato trama.
Negli anni seguenti furono apportate alcune migliorie cosicché, all'inizio del XIX secolo, era divenuto uno strumento di uso comune. Pur essendo simile al telaio a mano, quello meccanico presenta numerosi vantaggi: è dotato di due meccanismi, uno che blocca il funzionamento nel caso di rottura di un filo e l'altro che consente il cambio della navetta senza arrestare la tessitura; inoltre i rocchetti esauriti vengono sostituiti automaticamente. 

I primi telai meccanici permisero di produrre una quantità di tessuto dieci volte maggiore di quella ottenibile con i telai a mano.


sabato 2 maggio 2020

STEP #12 - Parte IV - Le macchine tessili del "genio"

Leonardo da Vinci dedicò anche l’attenzione ad alcune attrezzature e congegni adatti alla tessitura. Partendo dall’esistente, propone nuove soluzioni e si interessa all’opera dei predecessori dei quali analizza gli scritti, come ad esempio una copia del “De rerum naturis” di Rabàno Mauro Magnenzio del IX secolo, contenente il disegno di un telaio tessile, oppure i disegni di alcune macchine del Brunelleschi.
Da un’indagine condotta dal Museo della scienza e della tecnologia di Milano sui suoi disegni tessili, emerge che Leonardo fu influenzato in particolare da tre macchine ingegnose: la ruota a filare, il torcitoio circolare da seta e il telaio.

La ruota a filare, oltre a torcere il filo, lo avvolge sui rocchetti distribuendolo automaticamente senza interruzione; da questo filone, Leonardo inventa una macchina da torcere il filo con due fusi ad alette mobili e successivamente, un’altra, modulare, che può montare fino a diciotto fusi, tutti ad alette mobili.
Il torcitoio circolare risalente al 1487 è macchina che torce i fili già esistenti in natura, come il filo di seta ottenuto dai bozzoli. Queste attrezzature, lo fecero riflettere molto: si tratta di congegni in grado di torcere contemporaneamente 144 rocchetti di seta.
Il torcitoio affascina tanto Leonardo, al punto da spingerlo a scrivere questo indovinello:

Macchina per la filatura con fuso ad aletta
«Sentirassi le dolenti grida, le alte strida, le rauche e infiocate voci di quei che siano con tormento ispogliati e alfine lasciati ludi e senza moto e questo sia per causa del motor che tutto volge». 

Effettivamente il torcitoio quando è in movimento emette uno stridio causato dalle varie parti in movimento. Leonardo immagina che siano i lamenti dei bachi da seta uccisi e derubati del filo che li avvolgeva.
Lo strumento tessile che colpì maggiormente Leonardo è il telaio, osservando gli scritti e i disegni già citati, egli traccia dei disegni che raffigurano la tessitura di un nastro di tela tramite un telaio con una navetta mossa da bracci a forcella.

Questi congegni costruiti da abili e sconosciuti artigiani, identici o molto simili a quelli progettati da Leonardo e utilizzati fino agli anni '40, sono conservati a Chieri presso il Museo del tessile.
Una curiosità: I meccanismi ideati da Leonardo creavano movimenti complessi come quelli usati negli automi, macchine che imitano alcune azioni umane. Leonardo li conosceva bene e li utilizzava per organizzare le feste alla corte degli Sforza a Milano, destando sorpresa e meraviglia…

Bibliografia e fonti:
Carreum Potentia

STEP #12 - Parte III - Il torcitoio idraulico

Come abbiamo già accennato nel post precedente,  a Bologna nel XII sec. sfruttarono la presenza di innumerevoli canali (detti "baratroni" o "balatroni") per applicare la ruota idraulica  ai torcitoi circolari in modo da sostituire la forza umana con l'energia idrica.

Il torcitoio idraulico

I mulini da seta
I mulini erano in legno, di forma cilindrica, alti 16 m e con delle piccole ruote idrauliche. Ai mulini da seta non serviva tanta acqua per far girare la ruota e per questo l'acqua veniva mandata dai canali ai mulini grazie alle chiaviche. Le chiaviche erano piccoli tubi che portavano via acqua ai canali per portarla esclusivamente ai mulini da seta. L'acqua ai mulini da seta veniva dall'alto al contrario di quelli da grano nei quali veniva dal basso. Il meccanismo che azionava i mulini iniziava dalla ruota che gira in senso antiorario che faceva muovere l'albero centrale che arrotolava contemporaneamente una grande quantità di fili in aspi e rocchetti. Quindi dalla ruota il moto di trasmette per il tramite di due ruote dentale al piano dei torcitoi. La torcitura può essere variata cambiando i rapporti della trasmissione tra ghirlanda e ruote a bolzoni.
Il processo produttivo era interamente meccanizzato, gli operai si limitavano ad alimentare le macchine, annodare i fili quando si rompevano, togliere le matasse già ritorte dall'aspo e riporle in apposite ceste. 

Ritroviamo una descrizione sulla struttura e sul funzionamento del torcitoio da seta con propulsione idraulica in un capitolo del "Novo teatro di machine et edificii " di Vittorio Zonca (1607), in cui compaiono anche due xilografie.

Xilografia di Zonca

Illustrazione di mulino idraulico

Nel 500 a Bologna per velocizzare la produzione fu poi introdotto l'incannatoio meccanico azionato dagli organi di trasmissione del filatoio. Alla fine del 600 a Bologna si contavano 119 mulini, mossi da 353 ruote idrauliche, alimentate dall'acqua che raggiungeva le cantine di interi isolati.

I mulini da seta alla bolognese con ruota idraulica e incannatoio meccanico, che gli storici hanno definito “primo modello di fabbrica industriale", risultavano particolarmente efficienti in quanto aumentavano i ritmi produttivi e garantivano filati di migliore qualità.
La velocità costante della ruota idraulica, assicurata da un regolare flusso d'acqua, permetteva di ottenere dei filati uniformemente ritorti e più resistenti.
La tecnologia del mulino da seta fu custodita a Bologna come il più geloso dei segreti poiché si temeva che la sua diffusione in altre città avrebbe alimentato una pericolosa concorrenza.
Tuttavia malgrado le gravi pene previste per chi violava il segreto già alla fine del 500 il sistema del filatoio alla bolognese venne esportato a Reggio Emilia ed a Venezia.
Verso la seconda metà del 600, i mulini da seta cominciarono a diffondersi nell'area lombarda e piemontese.
All'inizio del 700 una spia industriale inglese, John Lombe, portò in Inghilterra il segreto del mulino e grazie all'aiuto di operai specializzati di origine italiana costruì un grande mulino da seta vicino a Derby.

Bibliografia e fonti:
“Storia delle macchine – Tre millenni di cultura tecnologica” di Vittorio Marchis – Edizioni Laterza


STEP #12 - Parte II - Il torcitoio da seta in Italia

La seta è una fibra naturale, prodotta dal baco per formare il bozzolo. La seta non veniva filata, essendo la bava prodotta dal baco da seta già un filo. Il dipanamento del bozzolo si chiama trattura, e per questa operazione occorrevano una bacinella e un aspo. Dalla bacinella che conteneva i bozzoli a bagno nell'acqua calda, una lavorante formava con una decina di capi un unico filo che un'altra avvolgeva su un aspo formando una matassa. Progressivamente la trattura si concentrò in grandi filande dove decine di operaie eseguivano il lavoro con macchine sempre più perfezionate.
Prima della tessitura i filati subivano un'ulteriore lavorazione; uno o più fili venivano irrobustiti e compattati, attraverso ripetute torsioni. Questa operazione, detta torcitura, si faceva tradizionalmente a mano o con l'aiuto di piccoli strumenti domestici come il fuso.

Nel medioevo ha una grande diffusione la seta con la quale è possibile creare dei tessuti di alta qualità. Se il 1146, con l’apertura di setifici a Palermo, Reggio Calabria, Catanzaro e Messina, segnò l’inizio della grande arte serica italiana, il 1272 vide aperta a Bologna, dal lucchese Francesco Borghesano, la prima torcitura.

Il torcitoio circolare, risalente al 1487, appassionò Leonardo da Vinci a cui dedicò tantissimi suoi disegni per studiarne i movimenti con variazioni incredibili. (vedere step 12 - Parte IV)

Torcitoio circolare
Si trattava di una macchina mossa a braccia, che permetteva di svolgere e torcere  contemporaneamente i fili di centinaia di rocchetti.
Si tratta di una macchina apparentemente molto complessa, ma che in realtà sembra tale perché densa e ripetitiva. Ha circa due metri di diametro ed è alta poco di più. I suoi elementi operativi sono ripetuti parecchie decine di volte, consentendo di torcere in modo regolare 80-150 fili contemporaneamente. Un uomo motore collocato all'interno, la muove mentre un operatore all'esterno provvede alle varie esigenze della torcitura.
Si tratta di una delle macchine più interessanti del Medioevo, certamente la più produttiva.
Un torcitoio da 100 fusi richiede infatti due operai contro i cento di prima, ed il tempo per torcere un rocchetto è cento volte minore di quello che si impiegherebbe a torcerlo a mano (a parità di torsione).

Al prototipo lucchese i bolognesi applicarono , grazie al sistema idrico presente in città, la ruota idraulica e in tal modo filatoi di piccole dimensioni collocati in una stanza si trasformarono in mulini da seta disposti su tre o quattro piani di edifici nei quali si affollavano decine di operai. Ma di questo parleremo nel prossimo post.


Bibliografia e fonti:

STEP #12 - Parte I - Il torcitoio: le origini


Nei secoli sono state sviluppate diverse tecniche per ottenere la torsione delle fibre.
Per torcere le fibre tessili il primo attrezzo utilizzato dall'umanità furono le mani, lavoro lungo e complesso che già nel neolitico veniva eseguito grazie all'utilizzo dei fusi e delle conocchie, arnesi praticamente identici a quelli usati ancora oggi in sud America e Africa e tradizionalmente nel sud Italia e nord America. (vedere step 8).

Successivamente, l’esigenza di velocizzare la lavorazione portò in epoca medioevale alla costruzione (1280 circa) dei filatoi a pedale (detti anche arcolai o filerine), apparecchi in legno nei quali il fuso non viene più spinto a mano, ma da una ruota, detta “girello”, che, azionata da un pedale, gira intorno ad un asse orizzontale, filando la lana.

Arcolaio o Filatoio ad alette
L'arcolaio (o filatoio ad alette) è l’evoluzione della più semplice ruota per filare.
Il filatoio è un apparecchio realizzato in legno, dotato di una ruota azionata da un pedale che, collegata da una cinghia all'aspo, dà la rotazione al rocchetto su cui si avvolge il filo e alle alette che provvedono a distribuirlo regolarmente sul rocchetto.
Preparato a mano un pezzetto di filo, torcendo le fibre, si attacca il capo del filo al rocchetto dopo averlo fatto passare nel foro in testa all'aspo. La torsione impressa dal rocchetto con il ruotare delle alette provocano oltre che la ritorcitura delle fibre, con la conseguente formazione del filo, anche il trascinamento del filo appena fatto, che si va a depositare sul rocchetto.
La velocità della lavorazione è data dalla frequenza con cui si aziona il pedale e conseguentemente dall'abilità del filatore nel fornire sufficiente e regolare quantità di fibre al trascinamento dell'aspo.


Nel prossimo step approfondiremo la torcitura della seta e l'evoluzione tecnica in Italia.

Bibliografia e fonti:
it.wikipedia.org/wiki/Filatoio_ad_alette